L’art. 438, comma I°, del codice civile stabilisce che una persona in stato di bisogno e non in grado di provvedere al proprio mantenimento, ha diritto di chiedere gli alimenti (cioè, i mezzi di sussistenza), in denaro o in natura, ai membri della sua famiglia. Ai sensi del 2° comma dell’art. 438 c.c., gli alimenti devono essere assegnati in proporzione allo stato di bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli; il diritto agli alimenti, prosegue il 2° comma dell’art. 438 c.c., non deve superare quanto sia necessario per la vita dell’alimentando (persona in stato di bisogno), avuto però riguardo anche alla posizione sociale della persona.
Il termine “alimenti” indica il contributo atto a soddisfare non solo i bisogni essenziali, di natura alimentare, ma anche quelli relativi all’alloggio, al vestiario, alle cure sanitarie.
I soggetti tenuti a prestare gli alimenti a chi versa in stato di bisogno sono indicati dall’art. 433 c.c. e sono nell’ordine: il coniuge, i figli (e in mancanza i discendenti prossimi), i genitori (e in mancanza gli ascendenti prossimi), i generi e le nuore, il suocero e la suocera, i fratelli e le sorelle.
Gli elementi costitutivi della fondatezza della richiesta di alimenti sono ravvisabili nello stato di bisogno dell’alimentando e nella incapacità di provvedere, in tutto o in parte, al proprio sostentamento, nelle ridotte o nulle capacità economiche dell’obbligato e nella sussistenza, tra i coobbligati e l’alimentando, di una determinata relazione parentale stabilita dalla legge (art. 433 c.c.).
La funzione dell’obbligazione alimentare è, quindi, quella di assicurare a colui che versi in stato di bisogno, una prestazione continuativa o periodica di tutto quello che è necessario per vivere. Il presupposto dello stato di bisogno consiste nella mancanza o insufficienza delle risorse o di mezzi necessari al soddisfacimento delle esigenze fondamentali di vita.
Nel valutare l’esistenza di tale elemento è comunque necessario avere riguardo alle condizioni soggettive dell’avente diritto (persona in stato di bisogno), con particolare riferimento all’età, alla salute e alle attitudini (rectius concrete possibilità) lavorative. Si trova in stato di bisogno chi è privo di ogni risorsa o dispone di mezzi insufficienti al soddisfacimento delle proprie necessità primarie, ivi compresa l’assistenza degli atti della vita quotidiana (Trib. Monza, sez. IV, 08.10.2007).
Secondo l’indirizzo della giurisprudenza: “Lo stato di bisogno, quale presupposto del diritto agli alimenti previsto dall’art. 438 cod. civ., esprime l’impossibilità per il soggetto di provvedere al soddisfacimento dei suoi bisogni primari, quali il vitto, l’abitazione, il vestiario, le cure mediche, e deve essere valutato in relazione alle effettive condizioni dell’ alimentando, tenendo conto di tutte le risorse economiche di cui il medesimo disponga, compresi i redditi ricavabili dal godimento di beni immobili in proprietà o in usufrutto, e della loro idoneità a soddisfare le sue necessità primarie” (Cass. Civ n. 25248/ 13). I bisogni primari di una persona vanno, peraltro, valutati nell’ambito della fattispecie concreta. La sussistenza, ad esempio, di malattie degenerative invalidanti, richiede cure ed assistenza tali da comportare un innalzamento del minimo vitale del proprio stato di bisogno (Tribunale di Verona, I° sez. civ., sent. N. 492/15).
Nell’ipotesi in cui più familiari siano coobbligati in solido ex art 433 c.c., qualora uno di essi adempia interamente all’obbligo, può vantare diritto di regresso nei confronti degli altri, ex art. 1299 c.c.. L’accertamento della sussistenza dell’obbligo alimentare della persona che versa in stato di bisogno è presupposto fondante per l’esercizio dell’azione di regresso. La Suprema Corte ha, infatti, sancito che: “qualora i bisogni dell’avente del diritto agli alimenti sono soddisfatti per intero da uno solo dei condebitori ex lege, questi può esercitare l’azione di regresso, senza necessità di una preventiva diffida ad adempiere, tenuto conto che le disposizioni in tema di decorrenza degli alimenti solo dalla domanda giudiziale, riguardano esclusivamente il rapporto diretto con il creditore e non sono estensibili alla suddetta azione di regresso, la quale è riconducibile alle regole dell’utile gestione (considerando che l’intento di gestire l’affari altrui, in difetto di un’opposizione dell’interessato, è insito nella consapevolezza del carattere cogente del relativo Obbligo)” (Cass. civ., sez. I, n. 4883/88). Si determina, pertanto, un diritto di credito in capo a colui che, in quanto familiare coobbligato, ha soddisfatto integralmente i bisogni dell’avente diritto, nei confronti degli altri familiari coobbligati (Corte d’Appello di Milano 01.03.2001 in Giur. Milanese, 2002, 243, Trib. Monza sez. IV, 11/01/2012, n. 9, Tribunale di Verona, I° sez. civ., sent. N. 492/15).
Il presupposto per l’eventuale azione di regresso esperita da colui che ha adempiuto per intero all’obbligo alimentare, anche per la parte di competenza degli altri familiari, coobbligati in solido, appare duplice, da un lato la sussistenza di un diritto agli alimenti da parte dell’avente diritto, dall’altro il dato oggettivo dell’avvenuto pagamento, in via esclusiva, di quanto dovuto. In ordine al primo presupposto, il diritto agli alimenti sorge in capo al familiare che versa in stato di bisogno, come sopra descritto, e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento, avuto riguardo degli elementi probatori relativi al bisogno di chi li domanda e alle condizioni economiche di chi deve somministrarli.
Quanto al secondo presupposto, ovvero il farsi carico in via esclusiva dell’obbligo in solido, da parte di uno solo tra più coobbligati, si rende necessaria la prova degli importi integralmente ed esclusivamente versati a vantaggio dell’avente diritto, al fine di poter esercitare il diritto di regresso nei confronti di altri.
Nel caso di insorgenza di una situazione di grave malattia invalidante, o comunque di parziale o totale incapacità dell’alimentando di tutelare i propri interessi, va valutata anche la possibilità di nomina di un amministratore di sostegno per l’esercizio del diritto agli alimenti. In tal senso si è anche sostenuto il difetto di legittimazione attiva del coobbligato in solido che agisce in giudizio per il recupero delle somme anticipate, senza la preventiva nomina di un amministratore di sostegno in favore dell’alimentando, che ne rappresenti gli interessi (Tribunale di Verona, I° sez. civ., ordinanza del 19.06.09).