La rimessione in termini nel processo civile telematico: quale disciplina
Il D.L. n. 179/12 (art. 16 bis) ha stabilito che, a decorrere dal 30 giugno 2014, il deposito di atti processuali civili e di eventuali allegati documentali avvenga con modalità telematiche, ad eccezione degli atti di costituzione in giudizio, fatte salve le diverse disposizioni ed autorizzazioni dei singoli Tribunali, già abilitati a ricevere anche tali atti in modalità telematica.
Il d.l. n. 179/2012, così come modificato dal d.l. n. 90/14, individua come momento di perfezionamento del deposito degli atti telematici quello indicato dalla ricevuta di avvenuta consegna. In particolare, si aggiunge al comma 7 dell’art. 16-bis (modificato dal d.l. n. 90/14) la previsione secondo la quale: “Il deposito di cui ai commi da 1 a 4 si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 155, quarto e quinto comma del codice di procedura civile”. Tale ultimo periodo è stato aggiunto con il d.l. n. 90/14, che ha collegato il disposto normativo all’art. 155, quarto e quinto comma c.p.c. Si chiarisce, pertanto, che la proroga di diritto del giorno di scadenza del termine, laddove tale termine scada in un giorno festivo, si applica anche all’ipotesi di deposito telematico.
Rimangono tuttavia da definire numerose questioni, tant’è vero che lo stesso Consiglio Nazionale Forense ha auspicato l’adozione di un testo unico per il processo civile telematico e di garanzie della difesa per eventuali default del sistema, “per il riordino delle disposizioni che si sono affastellate negli ultimi tempi e per il coordinamento con le norme del codice di procedura civile” (comunicato CNF del 07.07.14).
Una delle questioni aperte è il coordinamento tra la legislazione in materia di processo telematico con il disposto di cui all’art. 153 c.p.c., sulla improrogabilità dei termini perentori per il deposito degli atti e l’eventuale richiesta di rimessione in termini, della parte incorsa in decadenza per causa ad essa non imputabile. Stabilisce infatti l’art. 153 c.p.c. che: “i termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull’accordo delle parti. La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini. Il giudice provvede a norma dell’articolo 294, secondo e terzo comma”.
Tuttavia ci si chiede cosa accada nel caso si intenda effettuare un deposito telematico entro i termini perentori fissati dalla legge o dal giudice e risulti l’impossibilità per svariate cause (virus informatico, problemi software o hardware, interruzione del servizio da parte del gestore telefonico, interruzione del servizio da parte del proprio gestore di posta elettronica certificata, interruzione del servizio da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero, errore informatico di procedura nella spedizione da parte del mittente o nella ricezione telematica da parte del ricevente e così via).
Molti recenti protocolli per l’attuazione del processo telematico, stipulati in accordo tra avvocati, magistrati e uffici giudiziari, hanno tentato di fornire una risposta, ipotizzando fattispecie, sulle quali, a causa della recente attuazione del provvedimento, non esistono ancora precedenti consolidati e certi. Si tratterà di individuare, in concreto, quali siano le cause non imputabili al difensore che hanno impedito il deposito telematico, situazione che appare non sempre di così immediata individuazione.
Alcuni Tribunali affrontano il problema della mancata consegna della comunicazione di cancelleria a mezzo pec (posta elettronica certificata), distinguendo tra cause imputabili e non imputabili al destinatario con la conseguente possibilità/impossibilità di essere rimessi in termini. Sono così considerate cause imputabili al destinatario la mancata ricezione di una pec quando la propria casella di posta elettronica è piena oppure per problemi di configurazione o contaminazione da virus del proprio terminale “alla luce del principio di diligenza generale a carico dell’utente esterno”, secondo quanto previsto dall’art. 20 del D.M. n. 44/11. Sono invece considerate cause non imputabili al destinatario le problematiche relative alla connessione tra i sistemi gestori di pec o ai sistemi informatici del Ministero ed agli errori dei cancellieri. Anche nel caso di causa imputabile al destinatario, si fa tuttavia sempre salva la possibilità di rimessione in termini, ove si dimostri il caso fortuito e la forza maggiore, da rimettere al prudente apprezzamento del giudice.
Altri Tribunali affrontano la problematica dell’ora di deposito dell’atto, nel giorno di scadenza. Stabiliscono infatti che, ove la ricevuta di consegna giungesse dopo le ore 14.00 del giorno di scadenza, ben difficilmente si potrebbe ottenere dal Giudice la rimessione in termini e ciò per l’esplicito disposto di cui all’art. 13, 3° comma, del D.M. n. 44/11 (“Nel caso previsto dal comma 2 la ricevuta di avvenuta consegna attesta, altresì, l’avvenuto deposito dell’atto o del documento presso l’ufficio giudiziario competente. Quando la ricevuta e’ rilasciata dopo le ore 14, il deposito si considera effettuato il giorno feriale immediatamente successivo”). Su tale aspetto è tuttavia intervenuta una sentenza del Tribunale di Milano sez. IX (n. 3115/14 del 19.02.2014), di segno contrario, che ha stabilito il principio per cui: “Il deposito telematico di un atto defensionale si ha per avvenuto nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna dal gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia. La tempestività del deposito si valuta, dunque, con riguardo al giorno in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna, senza che assuma rilevanza, a tal fine, il fatto che la ricevuta sia stata rilasciata dopo le ore 14.00: la norma di legge primaria nulla prevede al riguardo e non può essere derogata da una norma di rango inferiore (art. 13, comma III°, D.M. 21 febbraio 2011 n. 44)”. Sempre sullo stesso punto la più recente circolare del Ministero della Giustizia del 27.06.14 ha definitivamente chiarito che la modifica introdotta dall’art. 51, comma 2, D.l. n. 90/2014, aggiunge, al termine dell’art. 16 bis, comma 7, d.l. n. 179/12, un periodo volto a rimuovere l’incertezza interpretativa creatasi in merito al giorno in cui doveva ritenersi perfezionato l’invio telematico alla cancelleria di un atto o documento, nell’ipotesi di generazione della ricevuta di avvenuta consegna oltre le ore 14. A seguito della modifica in esame, “il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza” (art. 16 bis, comma 7, d.l. n. 179/12).
Altri Tribunali ancora prevedono la possibilità di accettare, successivamente alla data del 30.06.14, il deposito di atti su supporto cartaceo, e ciò anche in ipotesi per le quali vi sia già l’obbligo di deposito telematico, restando comunque salva la successiva valutazione del giudice circa la ricevibilità dell’atto. Sembra tuttavia questa una soluzione che, rimettendo pur sempre alla discrezionalità del giudice una valutazione circa la possibilità di superare il problema della decadenza, non sembra consentita dal disposto normativo.
E’ importante rilevare che l’eventuale richiesta di rimessione in termini giustificata da causa a sé non imputabile debba essere sempre sorretta da idonea documentazione giustificativa attestante la regolarità della procedura telematica. La produzione di ricevute di avvenuta consegna ed accettazione del gestore di posta elettronica sarà sempre attestata con la stessa modalità telematica, attraverso il sistema di archiviazione elettronica, non essendo la stampa della ricevuta cartacea di per sé sufficiente, in caso di contestazione, a ricostruire il flusso informatico di invio della busta telematica.
Nelle ipotesi in cui si proceda al deposito telematico di un atto non consentito dal sistema informatico del tribunale, in assenza di abilitazione, la valutazione circa la legittimità di tali depositi, riguardando profili prettamente processuali, sarà di esclusiva competenza del giudice. Di conseguenza non spetterebbe al cancelliere la possibilità di rifiutare il deposito degli atti introduttivi inviati dalle parti, anche presso quelle sedi che non abbiano ottenuto l’abilitazione ex art. 35 D.M. n. 44/11. (Circolare del Ministero della Giustizia – 27 giugno 2014 – Adempimenti di cancelleria conseguenti all’entrata in vigore degli obblighi di cui agli artt. 16 bis e sgg. d.l. n. 179/2012 e del d.l. n. 90/2014). A tal proposito il Tribunale di Foggia con sentenza del 10.04.2014 nel dichiarare l’inammissibilità del deposito telematico di un ricorso introduttivo ha stabilito che: “ Il decreto del Ministero della Giustizia che ha autorizzato il deposito di atti telematici con valore legale da parte di soggetti esterni al Tribunale di Foggia a far data dal 15 gennaio 2014 ha espressamente individuato tra di essi i soli atti endoprocessuali -in linea con la precisione dell’art. 16 bis d.l. 179/2012 che menziona atti processuali e documenti dei difensori delle parti precedentemente costituite -tra cui, per certo, non rientra l’atto di citazione o il ricorso introduttivo del giudizio.” Altrettanto rilevante è tuttavia un’ordinanza del Tribunale di Perugia del 17.01.2014 in cui, avendo il difensore proceduto al deposito telematico di comparsa conclusionale, con ricevuta di avvenuta consegna nei termini di scadenza, riceveva successivamente dalla cancelleria del Tribunale la comunicazione di rifiuto dell’atto, in quanto Tribunale non abilitato alla ricezione telematica di comparse conclusionali. La rimessione in termini veniva in tal caso giustificata con la motivazione per cui “la dicitura accettazione deposito sulla mail era obiettivamente idonea a trarre in errore scusabile il destinatario”.
E’ intervenuto un chiarimento da parte del Ministero della Giustizia su ragioni di errore scusabile/non scusabile che possano dipendere dal mancato rispetto della procedura informatica in fase di deposito telematico. La Circolare del Ministero della Giustizia del 27 giugno 2014 ha chiarito che, “l’art. 14 del provvedimento 16 aprile 2014 del Responsabile DGSIA (Specifiche tecniche di cui all’art. 34 DM 44/2011) prevede che, all’esito della trasmissione ad un ufficio giudiziario di un atto o documento processuale, il gestore dei servizi telematici esegua automaticamente taluni controlli formali sulla c.d. Busta ricevuta dal sistema. Le possibili anomalie riscontrabili sono riconducibili a tre categorie : WARN, ERROR e FATAL. Errori appartenenti alle prime due categorie consentono alla cancelleria di forzare l’accettazione del deposito. Errori appartenenti alla terza categoria, viceversa, inibiscono materialmente l’accettazione, e, dunque, l’entrata dell’atto/documento nel fascicolo processuale. Le cancellerie, in presenza di anomalie del tipo WARN o ERROR, dovranno sempre accettare il deposito, avendo cura, tuttavia, di segnalare al giudicante ogni informazione utile in ordine all’anomalia riscontrata.” Esempi di anomalie “Fatal” che inibiscono l’accettazione dell’atto e per le quali più difficilmente sarà possibile una regolarizzazione ed una rimessione in termini sono costituite da: non elaborabilità della busta per l’assenza di elementi fondamentali, impossibilità a decifrare la busta, assenza dell’atto giudiziario principale, “IndiceBusta” non presente od in formato non corretto. Tale disciplina potrebbe essere in futuro raccordata con i disposti di cui agli artt. 72 e 73, disp. Att., c.p.c. per il deposito del fascicolo, dell’iscrizione a ruolo e degli atti di parte, che il cancelliere può legittimamente rifiutare.
In conclusione, come evidenziato, esistono cause di rimessione in termini che si sta tentando di tipizzare, altre ancora su cui la giurisprudenza di merito è intervenuta con le prime pronunce (a volte anche di segno contrapposto), altre ancora su cui non esistono pronunce né chiarimenti e su cui dovranno stratificarsi precedenti giurisprudenziali o nuovi provvedimenti normativi. Cosa dire infatti dell’ipotesi in cui l’impossibilità del deposito telematico sia da attribuire a causa imputabile al proprio gestore telefonico oppure dell’ipotesi in cui il “fatal error” venga comunicato dalla cancelleria successivamente al termine di scadenza del deposito dell’atto o del caso ancora in cui la visibilità dell’atto o dei documenti in formato elettronico, pur nel rispetto della procedura, risulti pregiudicata (su tale ultimo punto si veda anche la sentenza 8 febbraio 2013 del Tribunale di Milano Sezione Lavoro).
Attualmente si può fare riferimento a dei principi generali che la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha dettato in applicazione dell’art. 153 c.p.c. Si è infatti stabilito che: “la rimessione in termini, tanto nella versione prevista dall’art. 184-bis cod. proc. civ. che in quella di più ampia portata contenuta nell’art. 153, secondo comma, cod. proc. civ., come novellato dalla legge 18 giugno 2009 n. 69, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà” (C. Cass. civ., Sez. III, 11/11/2011, n. 23561). Inoltre, la rimessione in termini deve essere domandata dalla parte interessata, senza ritardo, e non appena essa abbia acquisito la consapevolezza di avere violato il termine stabilito dalla legge o dal giudice per il compimento dell’atto (C. Cass. civ, Sez. II, n. 4841/12).
Saranno quindi necessari ulteriori interventi diretti ad integrare, modificare e coordinare i testi di legge in funzione delle sopraggiunte esigenze del processo civile telematico.
Avv. Federico Donini
Pubblicato su Altalex 13 settembre 2014