La tutela dei minori è uno dei baluardi di ogni società civile, progredita, democratica. Molteplici ne sono gli aspetti, variegate le sfaccettature, in ogni caso quasi sempre insufficienti i provvedimenti istituzionali per renderla effettiva.
L’intento, in questa sede, è quello di sensibilizzare l’attenzione degli addetti ai lavori in ordine alle modalità attuative del diritto alla difesa del minore, della sua rappresentanza processuale, nei giudizi che lo vedono coinvolto, del suo diritto ad esserne informato e ad essere ascoltato dai magistrati, come parte in causa.
Anche il fanciullo, per quanto minorenne, è titolare dei diritti della personalità, riconosciuti e garantiti sia dalle norme interne che internazionali. Nello specifico, secondo quanto sancito dall’articolo 24 della Costituzione, la difesa spetta a tutti coloro che intendano far valere i propri diritti ed interessi legittimi. In quanto diritto inviolabile, lo Stato deve assicurare ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi adeguati per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. Rientrando il diritto alla difesa nella categoria dei diritti inviolabili, anche i minori ne sono titolari e lo possano far valere, ogni qual volta siano radicati giudizi che coinvolgano un loro interesse. Tale principio trova fondamento anche nelle due convenzioni internazionali di New York del 20.11.1989 (ratificata in Italia con legge n. 176/1991)[1] e di Strasburgo del 25.01.1996 (ratificata in Italia con legge n. 77/2003), che ne recepiscono i medesimi criteri, specificandoli ulteriormente. Si sancisce, infatti il diritto del minore, dotato di capacità di discernimento, di esprimere la propria opinione nei procedimenti giudiziari che lo riguardano (articolo 3 legge 77/2003)[2] e qualora i genitori siano privati della facoltà di rappresentarlo, di richiedere la nomina di un rappresentante speciale (articolo 4 legge n. 77/2003)[3]. Si riconosce inoltre il potere all’autorità giudiziaria di designarne uno (nei casi opportuni un avvocato), qualora se ne ravvisi la necessità. La posizione processuale del minore resta, così, distinta da quella dei genitori. Si determina al fanciullo, la possibilità di un’autonoma opinione informata, da rendere formalmente nota al magistrato procedente, nel pieno rispetto del contraddittorio tra le parti e del giusto processo, di cui all’articolo 111 della Costituzione.
La legge n. 149/2001, di recente attuazione (1 luglio 2007), ribadisce espressamente l’obbligo della difesa e della rappresentanza processuale dei minori in particolare nei giudizi di adozione (articolo 8, ultimo comma: “il procedimento di adattabilità deve svolgersi fin dall’inizio con l’assistenza legale del minore…”) [4] ed in quelli relativi alla potestà genitoriale (l’articolo 37, comma terzo, va ad aggiungere l’attuale ultimo comma dell’articolo 336 del codice civile: “per i provvedimenti di cui ai commi precedenti i genitori ed il minore sono assistiti da un difensore”)[5]. La portata innovativa di tale previsione normativa è tuttavia rimasta priva di un riscontro oggettivo nella prassi attuativa, dal momento che attualmente al dettato legislativo non è seguita un’adeguata disciplina, per delinearne le modalità applicative. L’elemento nuovo è costituito principalmente dalla necessità della figura professionale dell’avvocato del minore, che ne rappresenti le istanze processuali, sul presupposto della formazione di un libero convincimento del fanciullo, capace di discernimento, in ordine ai fatti di causa. Sarebbero così resi effettivi, anche per i minori, i principi costituzionali relativi al diritto inviolabile alla difesa ed al giusto processo, garantito dal necessario contraddittorio tra le parti dinnanzi ad un giudice terzo ed imparziale.
Tuttavia, in assenza di linee guida comuni, i diversi Tribunali per i Minorenni, stanno intervenendo a livello locale, adottando interpretazioni differenti della legge 149/2001. Da un’indagine nazionale sull’applicazione di tale legge, effettuata, dall’Unione Nazionale delle Camere Minorili, in data 01.07.2008[6], su diciassette Tribunali dei Minori, sono emersi diversi orientamenti e prassi, in merito ai numerosi quesiti posti relativi a: distinzione dei ruoli dell’avvocato del minore e del curatore speciale, nomina d’ufficio del difensore del minore, ipotesi in cui si prevede la nomina del curatore o dell’avvocato del minore, predisposizione di appositi albi da cui attingere per le eventuali nomine, competenze specifiche, richieste per potere assumere tali incarichi, modalità di retribuzione di curatori e/o avvocati ed eventuali consulenti tecnici di parte nominati nel corso del giudizio. Queste sono solo alcune delle numerose problematiche attuative del consolidato principio della difesa del minore, che i Tribunali dei Minori hanno dovuto affrontare in totale autonomia, in modo assolutamente eterogeneo, delineando dinamiche in continua evoluzione. Tale dato emerge chiaramente dalle prassi attuate dagli stessi, analizzate, a seguito dell’indagine condotta dall’Unione Nazionale delle Camere Minorili, nel luglio 2007.
In particolare il Tribunale dei Minori di Milano interpreta la legge 149/2001 in modo restrittivo[7]. Ritiene, infatti, che, con l’entrata in vigore della nuova disciplina normativa, sia stata introdotta la difesa obbligatoria del minore, ma non d’ufficio, in quanto nessuna norma la prevede espressamente. Pertanto provvede alla nomina di un curatore-avvocato, nell’ipotesi di palese conflitto di interessi tra genitori e figlio, senza sospensione della potestà genitoriale, ovvero, nel caso contrario, di un tutore con la funzione, tra le altre, di nominare un difensore di fiducia (avvocato del minore e non curatore). Diversamente i Tribunali di Trento, Venezia, Napoli, Salerno e Reggio Calabria, hanno interpretato la difesa obbligatoria, come difesa d’ufficio. Inoltre il Tribunale dei Minori di Venezia ha a tal fine predisposto un apposito elenco di curatori speciali/avvocati del minore e difensori d’ufficio dei genitori, richiedendo i nominativi da inserire ai diversi Consigli dell’Ordine relativi al distretto di Corte d’Appello, ponendo come unico requisito l’iscrizione all’albo avvocati. Al contrario i Tribunali dei Minori di Milano, Torino, Ancona, Palermo, avendo predisposto un elenco di curatori e avvocati del minore, richiedono, espressamente, ai fini dell’iscrizione, competenze specifiche ed esperienze professionali, maturate nell’ambito del diritto di famiglia e minorile.
È evidente come attraverso l’iniziativa dei singoli Tribunali dei Minori si cerca di sopperire al vuoto legislativo, tuttavia si è ben distanti dalla condivisione di modalità di azione comuni tra tutti coloro che operano per rendere effettivo il diritto alla difesa e alla rappresentanza processuale dei minori, nei giudizi di cui sono parti.
Molte incertezze sussistono, infatti, anche da parte di chi assume l’incarico di curatore/avvocato del minore, in ordine al suo ruolo effettivo, ai poteri e agli obblighi professionali, all’ interazione con le altre figure professionali, come operatori sociali e psicologi, all’opportunità di una formazione specifica, nonché alle modalità di retribuzione a fronte della prestazione di un’ opera professionale.
La difficoltà attuativa del dettato legislativo, l’assenza di direttive comuni, la mancanza di una determinazione chiarificatrice da parte del legislatore, hanno, nei fatti, svuotato di significato la portata innovativa della l. 149/2001. Molto spesso, infatti, queste nuove figure professionali, che dovrebbero essere espressione diretta e non mediata delle esigenze dei minori in difficoltà, rimangono nell’ombra, in attesa di una specifica definizione delle loro funzioni. È evidente che non può essere lasciato tutto al buon senso di coloro che, magistrati, avvocati, operatori sociali, psicologi, operano nel settore.
La tutela dei minori, principio legislativo consolidato da norme interne ed internazionali, risulta, pertanto, limitata, nel nostro ordinamento, da un apparato che sembra essere inadeguato a sostenerla. Auspicando un immediato, quanto mai necessario intervento attuativo da parte del legislatore, si ritiene comunque importante individuare dei punti fermi, almeno a livello locale, attraverso l’emanazione di protocolli di intesa tra Tribunali dei Minori, Ordini degli Avvocati, servizi sociali, con cui stabilire delle linee di azione oggettive ed uniformi, frutto di un lavoro condiviso con il reale intento di salvaguardare l’unico e prioritario interesse di minori che versano in condizioni di grave disagio.
[1] Cfr. Convenzione di New York del 20.11.1989, art. 12: “gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.
A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale”.
[2] Art 3 Convenzione di Strasburgo 25.01.1996: “nei procedimenti che lo riguardano dinanzi a un’autorità giudiziaria, al minore che è considerato dal diritto interno come avente una capacità di discernimento vengono riconosciuti i seguenti diritti, di cui egli stesso può chiedere di beneficiare: a) ricevere ogni informazione pertinente; b) essere consultato ed esprimere la propria opinione; c) essere informato delle eventuali conseguenze che tale opinione comporterebbe nella pratica e delle eventuali conseguenze di qualunque decisione.”
[3] Art. 4 Convenzione di Strasburgo 25.01.1996: “salvo quanto previsto dall’articolo 9, quando il diritto interno priva i detentori delle responsabilità genitoriali della facoltà di rappresentare il minore a causa di un conflitto di interesse, il minore ha il diritto di richiedere, personalmente o tramite altre persone od organi, la designazione di un rappresentante speciale nei procedimenti che lo riguardano dinanzi ad un’autorità giudiziaria. 2. Gli Stati sono liberi di prevedere che il diritto di cui al paragrafo 1. venga applicato solo ai minori che il diritto interno ritiene abbiano una capacità di discernimento sufficiente.”
[4] Art. 8 u.c. l. 149/01: “il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall’inizio con l’assistenza legale del minore e dei genitori o degli altri parenti, di cui al comma 2 dell’articolo 10”.
[5] Art. 37, 3° co., l. 149/01: “all’art. 336 c.c., è aggiunto, infine, il seguente comma “per i provvedimenti di cui ai commi precedenti i genitori ed il minore sono assistiti da un difensore, anche a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge”. Si precisa che le parole “anche a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge” sono state abrogate dall’art. 299 d.p.r. 30.05.2002, n. 115.
[6] Cfr. indagine nazionale sull’applicazione della legge 28 marzo 2001 n. 149, effettuata dall’Unione Nazionale delle Camere Minorili, in data 01.07.2008, pubblicata sui siti web istituzionali delle camere minorili di Torino e Milano.
[7] cfr. relazione della dott.ssa Maria Grazia Domanico, giudice minorile a Milano, del 3 novembre 2008, in atti del convegno del 10 ottobre 2008, organizzato dalla Camera minorile di Milano.
Avv. Simona Pettinato (Pubblicato su Filodiritto il 20.03.2009)